Le suocere
Due bravi ragazzi dell’oratorio, liceale diciannovenne lei, diplomato all’istituto tecnico e già lavoratore lui. Si piacevano ma non erano, nessuno dei due, al primo approccio, pomiciavano volentieri, una piacevole esperienza sentire le sensazioni di forte interesse che potevano venire dal contatto fisico.
Come la maggior parte dei ragazzi dell’oratorio non erano completamente informati sui fatti, così successe che fecero l’amore, tutti e due molto impacciati. Passato il momento lei era preoccupata perché non avevano preso precauzioni, era successo tutto troppo in fretta.
Il ciclo tardava e si sentì persa, non sapeva cosa fare. Si confidò con lui e così ad essere preoccupati erano ormai in due. Si era sotto Pasqua e Mario andò a confessarsi dal Don, il parroco di Cadrenzate, persona viva, diretta e impulsiva, apprezzato da tutti i ragazzi per la sua capacità di parlarti senza pontificare.
“Cos’è quella faccia Franco? Non sei a posto? Al lavoro tutto a posto?”
“Si non è quello, è un’altra cosa, cioè, forse non è detto, magari…”
“Ah Madonna Santa, tu stai quasi con la Marta Frontini, vero? Avete litigato? Hai paura che stia con un altro o sei tu che fai il furbo?”
“Non sto con lei ancora fisso, è che tre domeniche fa siamo andati al Campo dei Fiori, dalla parte di Orino e ho portato una coperta. Ci siamo messi sotto i noccioli a guardare il lago, poi…”
“Ahi, non farlo più, vedi che poi ce l’hai sulla coscienza, e non metterti in situazioni in cui poi ti senti obbligato a fare l’uomo per forza e lei a non sapere come uscire senza che si senta una stronza.”
“Penso che sia incinta. Il fatto è che non so se è quella giusta.”
“Se è tuo è tuo, con un bambino non si scherza, moglie o incidente ci devi pensare anche tu.”
“Lei non sa che le nostre madri non si parlano. Mia mamma non può vedere la Adalgisa che è la mamma della Marta, erano amiche quando noi eravamo bambini poi non so cosa è successo.”
“Non posso dire che conosco la loro storia, ma se adesso voi due avete un bambino deve finire. Non può arrivare in una famiglia in cui c’è cattiveria e vecchia ruggine. Ci parlo io a quelle due lì, non di voi due, anzi di voi tre. Non tocca a me.”
Mario si sentiva sollevato. Non sapeva che Marta col Don aveva già parlato, dicendogli che aveva un ritardo ma anche che non era sicura di volersi sposare con Mario, era stato un momento di tristezza dopo che aveva avuto una delusione e aveva accettato il filo dopo tanti no che gli aveva detto.
Il Don sapeva che tutt’e due le suocere sarebbero passate da lui per la confessione di Pasqua. Arrivò prima la mamma di Mario, Antonietta. Dopo averla confessata le diede appuntamento per la sera in canonica alle otto dopo cena, senza il marito. Fece la stessa cosa con Adalgisa.
Alle otto erano tutti e tre in cucina, le due donne erano calme e parlavano col Don del più e del meno, molto formali, lui face il caffè e tirò fuori gli amaretti morbidi.
“Donne vi chiederete perché vi ho fatto venire qui.
Il fatto è che ho saputo che tra voi due c’è qualcosa che non va, cosa è successo?”
Il gelo scese nella cucina del Don ma non riusciva ad attaccarsi a quelle pareti, scivolava via trasformato in silenzio.
“Allora perché non vi parlate più?”
Cominciò Adalgisa ma non riuscì a dire tre parole che Antonietta ribatté. Ogni tre parole ognuna diceva un MA TU con un volume di voce che cresceva e cresceva fino a che si alzarono dalla sedia urlando entrambe dicendo che se ne sarebbero andate via.
Il Don era davanti alla porta con le braccia conserte con un tono annoiato, evidentemente non stava neppure ascoltando. Quando le due donne si accorsero dello spettacolo che stavano facendo davanti al Don tacquero. Toccava a lui parlare.
“Prima di tutto, il torto non è mai da una parte sola, questo vuol dire che ognuna di voi ha poca ragione ma tanto più torto.
Adesso voglio che stiate in silenzio a guardarvi addosso.
Passavano i minuti e il nervosismo andava aumentando poi ci fu una specie di sentirsi stufi e riuscirono a guardarsi, dovevano far finta di andare d’accordo per poter almeno uscire da lì.
“Si va bene, Don abbiamo capito, non ci si comporta così.”
Il Don sbarrava la porta: “Non avete capito.
Una cosa dovete saperla, non c’entra il Vangelo, ma sapete che non voler bene vuol dire indifferenza. Io qui ho visto due anime che stanno male perché non vanno più d’accordo. Voi prima eravate amiche.
Adesso mi raccontate un fatto bello che è successo prima di quello che non voglio sapere, come vi siete conosciute?”
Cominciò Adalgisa parlando al Don di due bambine cresciute nello stesso cortile, dei giochi tutti insieme con uno scatolone che era un giradischi, una bambola ognuna che si scambiavano, anzi che ognuna aveva ancora da qualche parte, di quando per i compleanni c’era solo la torta della mamma, ma come era buona, e del Natale in cui si facevano vedere i regali e di come, capirono dopo, il Gesù Bambino ogni anno sbagliasse casa con un regalo che finiva sempre dall’altra bambina.
Il gelo si sciolse piano. Piansero, risero, si abbracciarono chiedendosi come era potuto succedere.
Di quella roba là, di colpe, non ne vollero più sentire niente.
Il Don non le salutò, uscirono che parlavano ancora.
Marta non era incinta, le madri non seppero nulla di questo.
Marta e Mario si sposarono due anni dopo, consapevolmente, dopo essere stati benedetti da Dio e per mano del Don, felice come sapeva esserlo solo vedendo la gioia degli altri.