E devono uscire
Erano anni che insisteva con gli stessi numeri, 57 – 75 – 87 – 88, sulla ruota di Venezia, Orso li giocava da così tanto che aveva fatto amicizia con il gestore.
Una sera di gennaio stava nevicando forte e le strade erano impraticabili, in tabaccheria non c’era quasi nessuno.
Il gestore si chiedeva se sarebbe venuto giù dalla montagna o se gli avesse chiesto di giocarli con una telefonata.
Arrivò a piedi, coperto di neve. Fece la sua giocata, di persona.
I quattro numeri vennero ribaditi con la solennità di un rito, poi, incassati i 10 euro e aver dato la ricevuta lo guardò, erano soli.
Si erano sempre dati del Lei.
Due bicchierini pieni di acquavite si materializzarono tra di loro.
“Posso offrire un grappino e farle una domanda? Perché quei numeri?”
“Li giocava mio padre, nel 57 sono nato io, nel 75 è morta mia madre e l’87 e l’88 sono gli anni in cui sono nati i miei nonni.
“Perché li gioca da tanto tempo? Sono 1500 euro l’anno.
“Non lo so, ma mi sembra sbagliato non farlo. Non so se vincere quei 750’000 euro cambierebbe la mia vita, in fondo non dovrei dare la responsabilità del mio destino a mio padre… In realtà non voglio che escano, è solo per tenere vivo il ricordo dell’unica persona che mi abbia amato per quello che sono, senza mai chiedersi se me lo meritassi.”
“Bella storia, io non posso dirlo, perfino mia madre era capace di tenermi il muso quando non ero come lei si aspettava…”
“Se dovessero uscire darò la ricevuta al parroco.”
“Tranquillo, da me non sapranno mai niente.”
Orso continuò ancora per anni.
Fino a che, come tutti, morì.
Il barista li giocò in ricordo suo anche il giorno del suo funerale.
Non uscirono mai ma erano riusciti a tenere viva la realtà di una meravigliosa infanzia.